Parigi, Washington

Il timore di una divisione del mondo occidentale

Il mondo democratico si è radunato a Parigi in una marcia di solidarietà dopo la strage e la cattura degli omicidi della redazione della rivista satirica Charlie Hebdo. A pochi metri uno dall’altro si potevano vedere persino camminare Netanyhau ed Abu Mazen, unico leader arabo presente. Il presidente dell’autorità palestinese è dunque sempre più vicino all’Europa e inevitabilmente più distante da Hamas, il che non sapremmo dire quanto possa aiutare la sua causa, piuttosto che renderla ancora più improba. Più che le presenze parigine, hanno colpito le assenze, intanto quella del Front National, che non era gradita, ma che rompe l’unità del popolo francese, visti i successi elettorali conseguiti di recente dalla formazione della famiglia Le Pen, che tra l’altro è islamofobica. Poi quella di Obama. L’America era presente alla manifestazione parigina con il suo ambasciatore ed il suo segretario alla Giustizia, come dire, persone di secondo o terzo profilo. La domanda di come sia possibile che Obama abbia snobbato una tale occasione e soprattutto per quale ragione l’abbia fatto, pesa come un macigno sulla giornata appena conclusa. Perché il segnale dato, volontario o meno che sia, è che l’America non è accanto all’Europa nel momento in cui il fondamentalismo islamico vibra un altro colpo micidiale. Possibile che l’assenza riguardi semplicemente le titubanze di Obama. Su questo fronte il presidente Usa ha commesso tutti gli errori possibili, inclusa l’indifferenza in quest’ultima occasione. Non si può però trascurare l’ipotesi di un’evoluzione di un processo in corso per cui le strade di America ed Europa si distanzino. Se questo avvenisse, la Jihad avrebbe messo a segno un colpo durissimo, perché l’Europa non è mai stata in grado e probabilmente non lo è ancora, di comprendere e quindi di fronteggiare, la minaccia che le è rivolta. L’America non ha saputo gestire il successo che ha avuto in una guerra iniziata nel 2001 e che proprio con Obama aveva portato all’eliminazione di Bin Laden. La catastrofe è iniziata nell’incrocio fra Europa, Francia in particolare e Stati Uniti, in Libia. La scelta di far cadere Gheddafi ha scoperchiato la pentola jiahdista in una regione divenuta dopo incredibili percorsi, incluso quelle terroristico, un partner e non più un avversario dell’Occidente. Nello stesso tempo, Usa ed Europa non riuscivano ad elaborare una strategia comune in Siria, indecisi se appoggiare i ribelli al regime dittatoriale di Assad, piuttosto che sostenere quest’ultimo. Non parliamo della crisi in Egitto dove europei e americani hanno assunto tutte le posizioni incluse quelle contraddittorie. E’ in queste condizioni internazionali che è maturata la strage di Parigi, ed è agli errori commessi che occorre riuscire a porre rimedio, se si vuole venire a capo della minaccia islamica. Il timore è che America ed Europa non siano in grado di intraprendere una strada comune. Il rischio è che si possano nuovamente dividere come accadde in occasione della guerra in Iraq, dove proprio la Francia fu la più critica nei confronti delle scelte statunitensi.

Roma, 12 gennaio 2015